Ischia – Creta: la testimonianza di Vito “Il Greco”
di Emanuele Verde. Sono da tempo persuaso che nella concretezza delle biografie individuali, spesso, ci sia il “non detto” della storia, quell’insieme di esperienze, pensieri, sentimenti che non si trova sui libri e, spiace dirlo, si trova sempre meno sui principali quotidiani. Per dirne una, appena indetto il referendum in Grecia del 5 luglio scorso, Vito mi aveva subito annunciato che il “No”, il famoso “Oxi”, avrebbe largamente vinto, contrariamente ai sondaggi mostrati dal “Corriere della Sera” e “la Repubblica”.
Vito, è Vito Castaldi, classe 1967, metà italiano e metà greco o, meglio ancora, metà foriano e metà cretese. Gli ultimi diciotto anni, infatti, li ha vissuti a Heraklion, principale città dell’isola di Creta perché – ha detto nella lunga chiacchierata fatta assieme – “Creta mi ha subito trasmesso una sensazione di familiarità che precedentemente non avevo trovato in Olanda e men che meno in Germania“.
E qui sta il primo spunto interessante. La crisi, globale e locale, è iniziata convenzionalmente nel 2008, ma già dieci anni prima, nel 1997, c’era chi, come Vito, progettava di lasciare l’opulenta Ischia perché il turismo manifestava le prime, preoccupanti, crepe. Beninteso, le presenze e il volume d’affari erano ancora ragguardevoli – il famoso 30% del P.I.L. turistico della Campania di cui ancora ogni tanto ci riempiamo la bocca – però era evidente che gli anni ruggenti, quelli in cui c’era stata un’effettiva distribuzione della ricchezza, erano ormai terminati.
Conclusa cioè una lunga e squilibrata fase espansiva, se ne era aperta un’altra, non ancora chiusa, di sostanziale ripiegamento, in cui ciascuno ha provato a consolidare il poco o tanto che era riuscito a costruire in precedenza. Inevitabile, specie per le maestranze, guardare altrove, e a Creta Vito ha trovato quell’ospitalità che Forio e l’isola d’Ischia avevano smarrito da un pezzo. Il turismo in Grecia è infatti esploso con la fine della dittatura militare nel 1974, vent’anni dopo rispetto a quanto accaduto da noi, e perciò negli anni ’90 la fase espansiva sopra evocata, in Grecia non era ancora terminata. Detto diversamente, decidere di trasferirsi là non era affatto un’idea bizzarra come invece, per diversi aspetti, lo sarebbe oggi.
E veniamo alla seconda riflessione di carattere generale. La crescita, in Grecia come in Italia, ha sempre convissuto con alti livelli di corruzione, al punto che Vito mi ha riferito -testuale- che “quando arrivavano notizie di casi di corruzione dall’Italia, i Greci dicevano qua è lo stesso“. Insomma, “una faccia, una razza” come recita l’adagio, anche per quel che riguarda l’evasione fiscale, le bustarelle per agevolare l’apertura di un’attività e business criminali come estorsione, prostituzione e droga.
Il detonatore della crisi sono state le Olimpiadi del 2004, anche se Vito – ed è un aspetto poco approfondito della questione greca – a fianco la spesa pubblica fuori controllo, le baby pensioni, le agevolazioni fiscali e tutto quanto abbiamo letto e sentito in questi anni, ci mette pure il sistema creditizio eccessivamente lasco, simile a quello statunitense poi imploso con la crisi dei subprime. “A un certo punto – mi ha detto – anche chi non avrebbe potuto permetterselo ha avuto carta di credito in tasca e accesso a finanziamenti con tassi del 10%.” Pratiche che hanno distrutto la propensione al risparmio del popolo greco dando il là a una miscela esplosiva di debito pubblico e privato.
Sta forse qui una delle principali differenze tra le due nazioni: la prudenza del sistema bancario italiano ha impedito che l’economia collassasse come invece è avvenuto in Grecia. Sulle isole, va detto, la situazione è diversa da Atene e Salonicco. I cretesi, per esempio, integrano il reddito da lavoro con l’agricoltura e la pastorizia. La raccolta delle olive è una voce importante nell’economia dell’isola e Vito stesso, che in tutti questi anni ha lavorato nella ristorazione, vi ha preso spesso parte. È davvero poco, pochissimo per vivere, considerato che l’indennità di disoccupazione è stata dimezzata prima che da noi e le pensioni minime sono a 300 euro. L’altra differenza è la reciproca solidarietà popolare, un mutualismo dal basso di cui Syriza, negli ultimi anni, si è fatto principale interprete e diffusore. In Italia, a Ischia poi non ne parliamo proprio, la capacità di fare rete e di resistere alla morsa dell’austerità è invece completamente assente.
L’ultimo pensiero di Vito è per la sua, la nostra, Forio. “È molto cambiata, ancora più egoista e feroce di quando l’ho lasciata. La rassegnazione dei foriani, degli isolani in generale, mi fa rabbia. Dovrebbero tener presente, per esempio, che il Rizzoli (l’ospedale -ndr-) in Grecia sarebbe già stato chiuso“.
Termino con una citazione di Ernesto De Martino (1908-1965), letta per la prima volta stamane sulla pagina facebook dedicata a quest’importante etnologo italiano: “Il mondo è sempre un mondo storico, cioè culturalmente costruito, ed il mondo culturalmente costruito è sempre intessuto di memorie, di costumi, di valori trasmessi dall’educazione, di alternative particolarmente modellate, di condizioni in cui sono incorporate le voci, i conflitti, le fatiche, le speranze, le tecniche e gli ideali di innumerevoli esseri umani“. (Ernesto De Martino, “Scritti filosofici”). Ho provato a dar voce ai conflitti, le fatiche e le speranze di una persona colpita dalla durezza del momento storico che sta attraversando la Grecia. Nel farlo – spero di esserci in minima parte riuscito – ne sono uscito, a mia volta, arricchito come essere umano. Merito di Vito “Il Greco”. Grazie.
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